Stretching: sì o no?

Lo stretching è sempre stato un argomento molto dibattuto tra i runners, e negli ultimi tempi è diventato materia di disputa anche tra scienziati e ricercatori. Alcuni lo valorizzano e lo esaltano, altri non lo ritengono molto importante ai fini della prestazione, altri ancora lo reputano addirittura dannoso.

Non tutti però sanno che esistono due tipi di stretching: stretching statico e stretching dinamico. Quali sono le differenze?

Per stretching statico si intende un allungamento muscolare di qualche secondo. Questo allungamento muscolare risulta efficace solo dopo l’allenamento, e non prima, perché la contrazione ripetitiva dei muscoli durante l’esercizio li lascia in uno stato piuttosto rigido e ritratto. Lo stretching statico aiuta a far tornare il muscolo a riposo, facendolo recuperare meglio. Uno studio di Fletcher and Jones del 2004 ha stabilito che: “quando si allunga un muscolo in maniera statica, la quantità di forze che potrebbero essere generate dal muscolo al sistema scheletrico, è ridotta a causa della inibizione nervosa e diminuisce la risposta muscolo-tendinea. Questa variazione della risposta innesca un decremento dell’abilità delle unità muscolo tendinee di immagazzinare energia elastica, così da ridurre la velocità e la potenza.”

In altre parole, se un atleta esegue esercizi di stretching statico prima di una attività fisica, la potenza esprimibile si ridurrà, così come la velocità. Lo stretching statico durante il riscaldamento decrementa la velocità sulle brevi distanze, diminuisce di circa il 5-30% la forza dei muscoli allungati e rallenta l’abilità dei muscoli di contrarsi. Quest'ultimo aspetto potrebbe portare come conseguenza a fastidiosi infortuni.

Se quello statico in fase di riscaldamento è sconsigliabile, quello dinamico è altamente consigliato da molti esperti. Lo stretching dinamico consiste nello stendere muscoli, articolazioni e nervi nel movimento richiesto dall’esercizio, prendendo velocità ogni volta che si ripete il movimento.  La durata dello stretching sarà differente in base alla disciplina atletica. Bisogna iniziare lentamente, per scaldare i muscoli, con poca estensione.  Solo quando il movimento sembrerà facile e libero, andranno aumentate a poco a poco l’estensione e la velocità.

Da queste osservazioni si potrebbe quindi desumere che lo stretching dinamico rappresenti una componente importante nel riscaldamento preattività, perché stimola l’azione dei fusi neuromuscolari, mentre lo stretching statico è preferibile solo a fine prestazione. Ad ogni modo, se si dà importanza più alla prevenzione che alla prestazione, sarebbe più opportuno aumentare i tempi di riscaldamento ed evitare lo stretching.

Nonostante i pareri di esperti di tutto il mondo, comunque, non si è ancora arrivati a una teoria certificata (e certificabile). Del resto, si tratta sempre di studi statistici a campione su gruppi differenti di sportivi (discipline e modalità di allenamento differenti): il corpo umano è una macchina delicata e ogni atleta è unico. 

E voi che stretching fate? Raccontateci il vostro riscaldamento!
 
 
 
 

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